Ne avevamo parlato qualche settimana fa, la Spagna ha approvato una serie di nuove leggi a tuteta della proprietà intellettuale tra le quali anche la cosiddetta Google Tax.
In risposta, e per la prima volta, Google ha deciso di spegnere Google News in Spagna, al momento non sappiamo se definitivamente.
Una decisione che ha generato sgomento, polemiche e discussioni in tutta Europa, ma ricapitoliamo tutta la vicenda.
Sotto la pressione dell'AEDE (associazione degli editori spagnola) il governo spagnolo ha varato una serie di nuove leggi tra le quali la Google Tax, una legge che obbliga i motori di ricerca, come Google e Bing, a pagare una tassa ogni volta che compaiono dei contenuti estratti da notizie tra i risultati di una ricerca.
Appare ovvio che Google News è il primo imputato in questo caso. Era successa una cosa simile anche in Francia e Germania, ma in questi due paesi Google si era limitata a modificare il sistema di visualizzazione dei contenuti all'interno di Google News, ora la scelta è stata più drastica.
Sull'argomento si è espresso anche Luca Bolognini, Presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati, che ha dichiarato che quella di Google
E’ stata una scelta giusta e, a mio avviso, condivisibile, seppur terribile per gli utenti: i rischi legali, per Google, nel continuare a tenere accese le News in Spagna erano troppo alti, vista la legge che entrerà in vigore da gennaio 2015 che di fatto impedisce il diritto di citazione delle notizie
Continua Bolognini parlando dell'importante ruolo svolto da Google e dagli aggregatori di notizie a favore del pluralismo dell'informazione.
Google chiude un servizio utilissimo perché costretta a farlo da regole d’altri tempi, tutti gli utenti spagnoli saranno più poveri di idee e di notizie. E speriamo non sia la prima di una serie di chiusure del servizio in altri Stati UE
Appena ieri l’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati ha pubblicato uno studio internazionale dal titolo Effetti dei motori di ricerca sul pluralismo dell’informazione nel quale si dimostra che i motori di ricerca e gli aggregatori di notizie sono formidabili abilitatori del pluralismo, specialmente a favore dei piccoli editori.
Bolognini conclude:
Leggi come quella spagnola o anche come quella italiana, che impone di includere nei mercati SIC regolati da Agcom anche i motori di ricerca, sono irragionevoli perché trattano i motori al pari degli editori, quando in realtà essi sono solo abilitatori e "incrementatori" di pluralismo e di accesso all’informazione. Anche sentenze come quelle della Corte di Giustizia sul caso Google Spain non sembrano pienamente comprensibili, perché scindono l’interesse pubblico alla notizia dal nostro diritto di ricercarla on line, così limitando di fatto la libertà d’informazione di tutti noi utenti. La politica dovrebbe occuparsi di questi temi, per non isolare i cittadini europei dal resto del mondo libero.